L'incontinenza urinaria nelle giovani donne
L’incontinenza urinaria è generalmente considerata una condizione che colpisce di preferenza le donne di una certa età o nel periodo successivo al parto. In realtà, è già da qualche anno a questa parte che si parla di una situazione non molto nota.
Sono sempre più le giovani donne interessate da questo fenomeno. Nel 1999 l’International Continence Society ha definito l’incontinenza urinaria come una condizione in cui la perdita involontaria di urina è obiettivamente dimostrabile ed è un problema sociale o d’igiene, comune anche nelle donne in giovane età. Lo scopo principale dello studio era valutare la prevalenza dell’incontinenza urinaria nella popolazione femminile con particolare attenzione alle donne più giovani, di età compresa tra i 18 e 30 anni. Il secondo scopo era di investigare l’associazione tra l’incontinenza urinaria e determinati fattori, come: numero di parti, contraccettivi o analoghi estrogeni, infezioni delle vie urinarie. Fu organizzato uno studio della popolazione con un questionario autosomministrato nella comunità di Surahammar, Svezia. Hanno partecipato 3493 donne di età compresa tra i 18 e i 70 anni che vivevano a Surahammar durante il 1995. I risultati dimostrano che il 26% delle donne che hanno partecipato allo studio riferiva incontinenza urinaria. Tra le donne di età inferiore ai 30 anni, il 12% soffriva incontinenza urinaria. E’ stata riscontrata un’alta prevalenza d’incontinenza urinaria nelle donne più giovani con infezioni delle vie urinarie, che non assumevano estrogeni, nullipare o che avevano partorito uno o due figli.
Da qui, ulteriori studi si rivelarono necessari ed è proprio di recente, ovvero nel Febbraio 2012 che sul Journal of Pharmacy è stato pubblicato lo studio del Dr. Montserrat Espuña, Capo Unità di Uro Hospital Clinic Barcellona e membro del Comitato Scientifico Indas Institute. La ricerca ha rilevato che il 35% delle donne in gravidanza soffre d’incontinenza urinaria in gravidanza e dopo il parto, tra il 15 e il 20% le perdite continuano a presentarsi. Il peso dell’utero sulla muscolatura pelvica e i cambiamenti ormonali della gravidanza, nonché l’allungamento uterino, generano un indebolimento che non permette di trattenere l’urina. Dopo il parto, il rischio d’incontinenza è tre volte maggiore in quelle donne che hanno subito danni durante la gravidanza. Il rischio aumenta anche nelle donne in sovrappeso. Generalmente la situazione si risolve con esercizi per rinforzare i muscoli della base pelvica, chiamati esercizi di Kegel. Si consiglia poi di bere almeno 1,5 litri di acqua al giorno, evitare la costipazione e mantenere una posizione corretta quando ci si siede sul water (con i piedi raccolti e gomiti sulle ginocchia, al fine di costringere i muscoli della base pelvica).
Di recente, invece, è stato pubblicato su Annals of Internal Medicine, lo studio condotto dai ricercatori della Monash University di Melbourne in Australia. La dottoressa Tessa O’Halloran e colleghi hanno esaminato oltre 1.000 donne di età compresa tra i 16 e i 30 anni, rilevando che circa il 13% di queste, e quindi 1 donna su 8, soffriva d’incontinenza urinaria. Nessuna di queste aveva partorito, una situazione che in genere registra i più alti tassi d’incidenza dell’incontinenza urinaria, come abbiamo già riportato. I principali tipi d’incontinenza urinaria sono due: quella da stress (vedi anche ansia nelle donne) e quella da urgenza. Lo studio ha dimostrato che per il 6% delle partecipanti l’incontinenza era dovuta a stress; per il 4,5% era dovuta a urgenza, mentre solo per il 2% il problema era imputabile a entrambi i motivi.
Oltre all'ansia, allo stress, l’urgenza e lo sforzo dovuto ad esempio al parto, gli altri fattori che sono stati individuati sono il sovrappeso e l’obesità. I risultati fanno però temere che i dati concernenti l’incidenza siano in realtà sottostimati a causa della reticenza delle donne giovani nel denunciare una condizione che è spesso fonte d’imbarazzo. Sono quindi necessarie nuove indagini.
Incontinenza urinaria: quando e perche'
Quando parliamo di incontinenza urinaria dobbiamo sempre specificare
l'ambito clinico in cui stiamo operando.
Se stiamo raccogliendo la semplice storia anamnestica della paziente e,
quindi, il disturbo minzionale che la porta alla nostra osservazione, la
perdita involontaria di urina riferita dalla donna rappresenta solo un
sintomo, che può essere opportunamente valutato nelle sue
caratteristiche e quantificato nella sua gravità (con score soggettivi o
questionari).
Se dimostriamo la presenza di un fuga involontaria di urina attraverso
l'esame obiettivo e la somministrazione di score oggettivi, l'incontinenza
urinaria diventa un segno.
La valutazione funzionale e fisio-patologica del sintomo e del segno incontinenza attraverso una osservazione urodinamica e/o altre indagini strumentali, porta ad una valutazione dell'incontinenza urinaria come condizione.
Non esiste una correlazione lineare tra la classificazione clinica dell'I.U. (basata sul sintomo e segno incontinenza) e quella urodinamica; è possibile e doveroso affidarsi ad una classificazione clinica se si vuole adottare un trattamento conservativo del sintomo, ma si impone il ricorso ad una classificazione dell'I.U. come condizione, se i sintomi della paziente sono complessi, recidivi, resistenti alla terapia conservativa o si intende adottare un trattamento invasivo.
Queste premesse rendono ragione del fatto che negli ultimi decenni si sono susseguite diverse definizioni e classificazioni dell'incontinenza urinaria e che quelle oggi adottate (formalizzate nell'ultimo report del 2002 dall'International Continence Society - ICS) non necessariamente rimarranno a lungo immodificate.
L'incontinenza urinaria è quindi rappresentata da "qualsiasi perdita involontaria di urina". Essa può essere classificata come sintomo, segno, osservazione urodinamica e condizione.
Incontinenza urinaria come sintomo (definizione anamnestica)
Incontinenza urinaria da urgenza (urge incontinence, UUI): perdita involontaria
di urine associata a intenso stimolo menzionale non procrastinabile; detta anche
da minzione imperiosa, essa rappresenta il 30% dei casi di incontinenza
urinaria. Il 90% delle cause di incontinenza urinaria da urgenza (iperattività
detrusoriale) è idiopatica, il restante 10% è correlato a patologie neurologiche
(sclerosi multipla, morbo di Parkinson, demenza senile), flogosi, ostruzioni
cervico-uretrali da prolasso uro-genitale o post-intervento chirurgico,
calcolosi o neoplasie vescicali.
Incontinenza urinaria da sforzo (stress incontinence, SUI): perdita
involontaria di urine conseguente a ponzamento, tosse, o comunque ad improvviso
aumento della pressione intra-addominale; essa rappresenta la forma più comune
di incontinenza urinaria, costituendo circa il 50-60% dei casi. La perdita
involontaria di urina dal meato uretrale si produce quando la pressione
vescicale supera (durante gli aumenti di pressione addominale) la massima
pressione uretrale, in assenza di simultanea attività contrattile del detrusore.
Tutte quelle evenienze (tosse, starnuto...) che provocano un brusco aumento
della pressione addominale, come pure il movimento, il cammino e l'esercizio
fisico, possono determinare il sintomo a base del quale c'è un'insufficienza dei
meccanismi di continenza vescico-uretrale.
Tra i fattori di rischio segnalati da molti autori alcuni sono correlati a
situazioni fisiologiche (gravidanza, parto, puerperio, menopausa, senescenza)
altri ad eventi patologici (traumi iatrogeni, ostetrici e chirurgici, carenze
ormonali e farmaci, neuropatie e connettivopatie, patologie infiammatorie
dell'uretra, vizi di postura del rachide e del piccolo bacino, obesità, ascite,
BPCO). In base alla localizzazione della lesione all'una o all'altra delle
strutture anatomiche deputate alla continenza, si possono descrivere due gruppi
di pazienti: il primo, e più comune, presenta un'ipermobilità della giunzione
uretro-vescicale correlata ad un deficit di supporto anatomico; il secondo, più
grave ma fortunatamente meno frequente, quantificabile in circa il 10% dei casi,
dimostra un'alterazione dei meccanismi sfinterici dell'uretra.
Blaivas e Olsson, nel 1988, hanno proposto una classificazione eziopatogenetica
dell'incontinenza da sforzo in 3 categorie:
Tipo I del supporto posteriore del collo e della base vescicale, con
conservazione del supporto uretrale;
Tipo II: perdita del supporto dell'uretra, del collo e della base
vescicale;
Tipo III: insufficienza del meccanismo sfinterico intrinseco
dell'uretra con o senza perdita di supporto.
Incontinenza urinaria mista (MUI): compresenza di entrambe i due sintomi precedenti
Incontinenza urinaria come segno
Rilevamento nel corso di esame obiettivo di perdita involontaria di urina
uretrale o extrauretrale; se tale perdita è correlata con aumenti della
pressione uretrale si parla di incontinenza da sforzo (SUI).
Incontinenza urinaria come osservazione urodinamica
Rilevamento di perdita involontaria di urina in corso di esame urodinamico; se
la perdita è correlata con una contrazione involontaria del detrusore si parla
di Detrusor Overactivity Incontinence, in genere associata ad una urgenza
menzionale; se è correlata ad un aumento della pressione intra-addominale non
accompagnata da contrazione detrusoriale si parla di Urodynamic Stress
Incontinence; se coesistono nella stessa paziente entrambe le due osservazioni
urodinamiche si parla di Mixed Incontinence.
Incontinenza urinaria come condizione.
Il tipo di condizione identificata è definita dalla presenza di osservazioni
urodinamiche associate a sintomi e/o segni caratteristici.
Incontinenza urinaria si puo' curare: come e quando
Dal momento che l'aspettativa di vita della donna tende ad aumentare e il
concetto di salute inteso in modo globale è sempre più accettato,
l'incontinenza urinaria femminile occupa un posto sempre più rilevante nella
programmazione sanitaria della medicina moderna.
Esiste,quindi,una grande attenzione alla possibilità di fornire una
tempestiva,ampia e efficace risposta assistenziale all'enorme richiesta di
salute pubblica che l'I.U. comporta.
Infatti, se da una parte solo una valutazione multifattoriale e
l'applicazione di un corretto algoritmo diagnostico consentono di acquisire
le informazioni necessarie per formulare un'ipotesi terapeutica adeguata e
circostanziata nel singolo caso, dall'altra tutte le organizzazioni
internazionali concordano nell'affermare che almeno nel 90% dei casi il
sintomo può essere trattato con successo e, nella stragrande maggioranza dei
casi, senza ricorrere ad alcun accertamento diagnostico invasivo
strumentale.
Per iniziare un trattamento conservativo dell'I.U. è sufficiente affidarsi
ad una diagnosi clinica del sintomo, è possibile somministrare una terapia
specifica e mirata efficace e riservare ogni indagine strumentale o una
opzione chirurgica solo ai casi complessi o di fallimento al primo
trattamento.
Le opzioni terapeutiche a nostra disposizione sono molteplici,
somministrabili anche in associazione o in modo sequenziale e solo in un
limitato numero di casi si rende necessario il ricorso alla terapia
chirurgica.
- Algoritmi diagnostico-terapeutici
- La terapia comportamentale
- La terapia riabilitativa
- La terapia farmacologica
- La terapia chirurgica