Algoritmi diagnostico-terapeutici
INTRODUZIONE
La profonda comprensione delle motivazioni del dibattito oggi in corso su quale debba essere l'iter diagnostico-terapeutico ottimale da adottare nel management della paziente che soffre di una incontinenza urinaria e, più in generale, di un disturbo vescico-uretrale associato o meno ad una alterazione della statica pelvica nasce dalla considerazione che l'esasperazione tecnologica osservata negli ultimi 10/15 anni in ambito uro-ginecologico porta spesso il clinico a pensare che il responso di sofisticate apparecchiature e di analisi computerizzate debba essere tenuto in maggior considerazione di un approfondito ma semplice giudizio clinico e la sua attenzione è più attratta dai risultati di un accurato,completo, colorato e sofisticato studio urodinamico multifunzionale (effettuato molto spesso da altri) che non dalla storia clinica personale,dalla valutazione morfo-funzionale del pavimento pelvico e dal reale impatto negativo sulla qualità della vita che ogni sintomo riferito ha nella singola paziente.
Tutte le organizzazioni internazionali che si occupano del problema concordano, invece, nell'affermare che il ricorso alla diagnostica strumentale invasiva deve essere riservato ad una limitata e selezionata popolazione di donne incontinenti (inferiore al 10% del totale dei casi), laddove una diagnosi presuntiva iniziale ed una terapia conservativa mirata non abbiano sortito il previsto successo terapeutico.
ANAMNESI E VALUTAZIONE CLINICA
In qualsiasi ambito medico-chirurgico si operi l'anamnesi rappresenta sempre il primo step di tutti gli algoritmi diagnostici da noi adottati.
Nell'ambito di un work-up uro-ginecologico ideale, la raccolta orientata ed attenta della storia clinica della paziente (generale, ostetrica, uro-ginecologica, psicologica) non rappresenta una "inevitabile formalità" clinica, ma il primo insostituibile presupposto ad un corretto ed adeguato mosaico diagnostico.
Numerose malattie, particolari trattamenti farmacologici e lo stesso profilo psicometrico della paziente possono indurre e/o giustificare una disfunzione del basso tratto genito-urinario femminile.
La capacità di mettere la paziente a proprio agio, in un ambiente accogliente e riservato, è il presupposto essenziale per ottenere spontaneamente il maggior numero di informazioni utili relative al suo problema.
E' fondamentale capire e ricordare che le disfunzioni vescico-uretrali e del pavimento pelvico hanno sempre una eziopatogenesi multifattoriale e che alcuni fattori di rischio noti e riconosciuti richiedono sempre o spesso la concomitante presenza di altri fattori predisponenti, favorenti, scompensanti e/o scatenanti che solo la raccolta anamnestica della paziente ci permette di evidenziare e valutare.
L'I.U. è spesso solo uno dei sintomi riferiti dalla paziente affetta da prolasso genitale e spesso essa non rappresenta il sintomo più significativo per la donna.
Inoltre, l'I.U., l'incontinenza fecale (I.F.) ed il prolasso genitale coesistono o compaiono in tempi successivi nella stessa paziente: il 31% di donne con I.U. ed il 7% di donne con prolasso presentano una I.F.; il 38% di donne con I.U. presentano un prolasso genitale ed il 19% una I.F.; l'I.F. è presente nel 17% delle pazienti con I.U. e/o prolasso (2-3% nella popolazione generale). In una recente indagine relativa ad un campione di 881 pz. consecutive viene riferito che il 22% di donne con I.U. ed il 21% con prolasso presentano una incontinenza anale associata.
Nella valutazione anamnestica della paziente incontinente non dobbiamo, quindi, focalizzare l'attenzione solo sui sintomi urinari riferiti (caratteristiche della minzione, tipo, entità ed eventi scatenanti le perdite), ma le informazioni richieste devono riguardare sempre anche la statica pelvica, le anomalie del ciclo mestruale e lo stato ormonale, le problematiche distrofiche del basso tratto genitale, le abitudini e le disfunzioni sessuali, i disturbi ano-rettali e, oltre al suo stato fisico generale e mentale, la reale percezione soggettiva dell'impatto negativo che i sintomi hanno sulla sua qualità della vita.
E' necessario introdurre ed utilizzare nella pratica clinica degli strumenti di rilevazione e misurazione del sintomo che siano semplici, riproducibili e consentano di costruire degli scores soggettivi che rendano paragonabili e confrontabili i dati della singola paziente raccolti in momenti diversi, delle diverse pazienti dello stesso centro e di centri diversi.
Per la valutazione dei sintomi urinari abbiamo a disposizione diversi questionari tra cui, di recente, alcuni specifici per la donna incontinente: la loro somministrazione rende possibile una rilevazione qualitativa e quantitativa dei sintomi urinari della paziente che, associata ad una carta delle minzioni ben strutturata, un visual analogique score (VAS) ed uno score di Ingelmann-Sundberg o di Monza offrono un giudizio qualitativo e oggettivo-numerico dei sintomi riferiti dalla donna.
Inoltre, alcuni questionari, generici o malattia-specifici rappresentano l'unico strumento efficace per ottenere una corretta ed adeguata valutazione della qualità della vita (QoL) della paziente il cui grado soggettivo di impedimento indotto dal sintomo urinario è scarsamente correlato alla valutazione obiettiva della gravità del disturbo stesso.
Nella valutazione del segno IUS possiamo adottare i seguenti scores:
Il "cough stress test", lo Stress-test sec. Ferrari e il PAD TEST: l'introduzione e l'uso dei diversi scores di oggettivazione e quantificazione della IUS, non deve però trarre in inganno il clinico nel credere che la loro somministrazione possa e debba sostituire una valutazione anamnestico-clinica globale e olistica della singola paziente.
In una popolazione non selezionata di pazienti con I.U.S. esiste un trend omogeneo di distribuzione tra i diversi scores utilizzati: nelle pazienti con una IUS grave classificata con uno score soggettivo (come lo score di Ingelmann-Sundberg), le classi di PAD-test e/o stress-test sec. Ferrari di grado elevato sono più rappresentate ed un comportamento analogo si osserva tra i diversi scores oggettivi studiati.
L'analisi della correlazione lineare esistente tra i diversi scores utilizzati risulta, però, limitata, deludente e scarsamente significativa nel singolo caso.
Gli esiti a breve/medio termine del trattamento (riabilitativo e/o chirurgico) sono influenzati in modo significativo dalla gravità e grado della IUS, ma la correlazione esistente tra gli insuccessi osservati ed il singolo criterio utilizzato non è sempre stretta e prevedibile.
Il diario minzionale o carta delle minzioni è una modalità irrinunciabile di raccolta della funzione vescico-uretrale della paziente: la registrazione della quantità della diuresi e degli eventi minzionali in rapporto all'assunzione di liquidi per un periodo di almeno 24 ore offre delle informazioni oggettive e nella reale attività quotidiana (non influenzata dall'artificio di un ambulatorio uro-ginecologico) sulla attività di riempimento e svuotamento vescicale.
L'esame obiettivo rappresenta ancora oggi una tappa fondamentale nel work-up uro-ginecologico.
Esso si pone tre scopi principali:
dimostrare una I.U.;
individuare un prolasso genitale associato;
evidenziare eventuali anomalie neurologiche che possono contribuire all'I.U. stessa.
Deve essere strutturato secondo uno schema prefissato che prevede alcune valutazioni fondamentali: esame generale, esame addominale, esame pelvico con classificazione del prolasso genitale (sec. HWS e/o ICS) e Q-tip test e esame rettale.
L'esame obiettivo uro-ginecologico deve sempre comprendere l'effettuazione di adeguate manovre semeiotiche atte ad esplorare la conservata funzionalità dei sistemi afferenti e efferenti dei segmenti midollari deputati all'innervazione del pavimento pelvico e il grado di conservata funzionalità dell'elevatore dell'ano: esame neuro-urologico di screening e test del pubo-coccigeo ((PC-test).
Va sempre valutato il ristagno vescicale post-minzionale : la determinazione del RV è una misurazione semplice da ottenere mediante cateterismo vescicale o nel corso di un esame ecografico.
TECNICHE STRUMENTALI
Le tecniche di imaging non rivestono un ruolo nella diagnosi di I.U., legata ad una valutazione anamnestica-clinica-urodinamica, ma integrano 1'obiettività clinica permettendo una valutazione della statica pelvica finalizzata alla scelta del trattamento più appropriato. Infatti, il riconoscimento di eventuali patologie concomitanti può condizionare la strategia terapeutica.
In accordo con quanto raccomandato dall'ICS, in caso di incontinenza urinaria non neurogena non sono previste di routine valutazioni dell' alto apparato urinario, se non quando si voglia escludere un' idronefrosi in presenza di un prolasso uterino severo o in presenza di una I.U. extra-uretrale.
Le principali metodiche di imaging sono quindi rappresentate da:
A) cistouretrografia minzionale;
B) colpo-retto-cistouretrografia;
C) indagini ultrasonografiche;
D) risonanza magnetica nucleare
Diversi Autori hanno dimostrato che la cistouretrografia non presenta valori di specificità, sensibilità e predittivi positivi o negativi che consentano di distinguere un quadro di incontinenza urinaria da sforzo da una condizione di continenza, o di prevedere 1'esito del trattamento chirurgico. Per questo motivo e per il fatto che le informazioni fornite sono ottenibili anche mediante uno studio ecografico, la cistouretrografia viene riservata allo studio preoperatorio di quadri clinici complicati o recidivi.
Quest'ultima comunque è tuttora alla base di alcune classificazioni dell'incontinenza urinaria da sforzo femminile (es.quella di McGuire o Blaivas), che forniscono anche elementi utili ad un suo inquadramento etiopatogenetico. Si veda la "famosa" I.U.S. di tipo 3°, spesso erroneamente equiparata ad una diagnosi di difetto intrinseco uretrale.
L'inclusione di un cistogramma nella tecnica di proctografia durante evacuazione (defecografia) consente di usufruire di una metodica completa di valutazione del pavimento pelvico.
Inoltre, durante la colpo-retto-cistouretrografia, i muscoli del pavimento pelvico non possono essere visualizzati, ma vengono valutati indirettamente nella loro integrità funzionale ed anatomica mediante le modificazioni che essi inducono alla topografia dei visceri pelvici durante la contrazione volontaria perineale o sotto sforzo in confronto con la situazione di riposo (sindrome del perineo discendente).
Dati estremamente utili, più sul versante della I.U.S., sono attualmente forniti dall'ecografia, nelle sue varie utilizzazioni (trans-perineale, trans-vaginale e trans-rettale).
Esiste una buona corrispondenza fra ecografia e cistouretrografia, con il vantaggio che 1'ecografia fornisce una valutazione dinamica dell'uretra e della vescica oltre a informazioni sugli altri organi pelvici. Il limite della metodica è costituito dalla assenza di informazioni attendibili sulla eventuale presenza di reflussi vescico-ureterali.
L' obiettivo della valutazione ecografica è documentare un' ipermobilità uretrale o 1' anatomia del pavimento, sebbene le misurazioni ottenibili non siano diagnostiche di un' incontinenza urinaria da sforzo o da urgenza.
È utile infine puntualizzare come qualunque indagine ultrasonografica consenta la registrazione di un intero filmato che riporta tutte le fasi minzionali oosservate, al contrario delle immagini statiche che si ottengono con la cistouretrografia minzionale e con la risonanza magnetica nucleare del pavimento pelvico.
Anche l'utilizzo della R.M.N. è ormai al centro di sempre maggiori segnalazioni della letteratura, con immagini sicuramente molto accurate della fascia endopelvica, soprattutto utilizzando sonde intra-vaginali ad alta densità.
L'elevato costo e la difficoltà interpretative della metodica ne fanno però ancora una strumento riservato ai centri di ricerca e ne escludono un uso routinario nello studio del pavimento pelvico in pazienti incontinenti, se non in casi altamente selezionati.
Le indagini urodinamiche rappresentano uno step diagnostico irrinunciabile per passare da una classificazione clinica presunta del singolo caso osservato ad una sua classificazione funzionale e fisiopatologica.
In pazienti che riferiscono lo stesso sintomo, si possono individuare condizioni cliniche e meccanismi fisiopatologici completamente differenti.
Esistono in letteratura numerosi studi esplicativi di quanto "la vescica sia un cattivo testimone di sé stessa" (Bates 1971).
Il confronto tra diagnosi clinica ed urodinamica mostra una corrispondenza nel 68% dei casi di GSI, ma solo nel 51% di iperattività detrusoriale; il 46% dei casi di GSI presentano associata una urgency ed il 26% delle donne con instabilità detrusoriale hanno sintomi di stress incontinence.
La diagnostica urodinamica appare ancora, quindi, il mezzo più affidabile ed obiettivo per correlare il sintomo alla fisiopatologia dimostrando il tipo di disfunzione responsabile dell'incontinenza urinaria.
Con l'uso della valutazione urodinamica nell'incontinenza urinaria femminile possiamo raggiungere i seguenti obiettivi:
· riprodurre la sintomatologia riferita dalla paziente e confermare la diagnosi clinica di incontinenza urinaria;
· identificare per ogni singolo caso i fattori sia vescicali (iperattività detrusoriale, riduzione della "compliance") sia uretrali (incompetenza uretrale e/o deficienza sfinterica intrinseca) che possono intervenire nell'eziopatogenesi dell'incontinenza da soli o variamente combinati tra loro (forme "miste"), determinandone altresì il ruolo rispettivo;
· ricercare eventuali disfunzioni associate a carico del basso apparato urinario che possano avere un impatto sul trattamento dell'incontinenza, quali per esempio un'ipo- o acontrattilità detrusoriale oppure un'ostruzione cervico-uretrale;
· fornire informazioni predittive circa i risultati di un trattamento programmato, inclusi eventuali effetti collaterali indesiderati;
· comprendere le cause di fallimento di precedenti terapie o, al contrario, fornire la conferma funzionale dell'efficacia del trattamento nel follow-up.
Non va dimenticato che ogni test urodinamico adottato presenta dei limiti metodologici ed interpretativi di cui bisogna tenere conto nella definizione di un giudizio clinico-terapeutico definitivo.
FLOW-CHARTS OPERATIVE
E' certamente vero che la somministrazione routinaria di un algoritmo diagnostico "ideale" permette di identificare, quantificare e classificare correttamente la singola condizione clinica studiata e ne può offrire la più completa comprensione fisio-patologica, ma è opinione comune che una anamnesi accurata, comprensiva di una carta minzioni, e di una valutazione clinica adeguatamente strutturata possano chiarire la diagnosi nella maggioranza delle pazienti e identificare al tempo stesso quella minoranza di casi (non più del 10/15 %) che necessitano di indagini più sofisticate e costose di tipo radiologico e urodinamico.
Nel management di una paziente incontinente dobbiamo quindi, in maniera schematica, distinguere tra un approccio diagnostico "iniziale" ed uno "avanzato".
1) APPROCCIO DIAGNOSTICO INIZIALE
L'anamnesi e gli scores sintomatologici possono da soli permetterci di classificare la condizione clinica della paziente, quantificare la sintomatologia uro-ginecologica riferita, orientare correttamente l'iter diagnostico-terapeutico da percorrere e indagare i fattori di rischio e la storia naturale della patologia uro-ginecologica osservata.
Infatti, la somministrazione di una semplice "griglia" anamnestica, basata su pochi precisi sintomi urinari ci permette già di differenziare tra le tre principali condizioni cliniche presunte che normalmente ci troviamo a trattare (Tab. I)
Dopo aver escluso con una accurata raccolta anamnestica generale e farmacologica della paziente la possibile presenza di patologie mediche e/o chirurgiche che da sole possano giustificare la sintomatologia riferita dalla paziente, la successiva valutazione clinica,attraverso l'esame obiettivo strutturato descritto in precedenza, ci permette da sola di caratterizzare in maniera precisa il singolo caso: escludere la presenza di una patologia neurologica associata e, quindi, confermare di essere in presenza di un caso di I.U. non neurogena; classificare il tipo e grado di POP eventualmente associato; escludere patologie pelviche associate di rilievo; valutare lo stato ormonale della paziente.
La somministrazione di un questionario malattia-specifico ci permette di indagare l'impatto sulla QoL della sintomatologia uro-ginecologica riferita e di valutare, quindi, la desiderabilità di un trattamento efficace da parte della paziente. Associando uno o, meglio, più scores sintomatologici soggettivi e/o oggettivi, dopo un semplice cough stress test e Valsalva-test per confermare una IUS, possiamo oggettivare, classificare e quantificare i sintomi urinari raccolti, avvalendoci anche del risultato di un diario minzionale ben strutturato e della negatività di un significativo residuo vescicale post-minzionale.
Con questo iter diagnostico iniziale possiamo, quindi, classificare in maniera definitiva la condizione clinica presunta da trattare e identificare tutti i casi di eventuale patologia urinaria complessa (Tab. II).
Esiste ormai un consenso unanime nel mondo scientifico uro-ginecologico che, esclusa quest'ultima categoria di pazienti, in tutti i rimanenti casi si possa e /o si debba essere autorizzati ad intraprendere già un trattamento conservativo efficace del sintomo senza alcun approfondimento diagnostico strumentale aggiuntivo (Tab. III-IV).
Tale impostazione strategica deriva da numerose considerazioni diagnostico-cliniche che possiamo così riassumere:
1) Indipendentemente dal tipo di I.U. da trattare il primo approccio terapeutico può e/o deve essere conservativo: qualunque tecnica riabilitativa, somministrata singolarmente o in associazione, offre percentuali di miglioramento e/o guarigione nella terapia della I.U. che vanno dal 32% al 76%. Gli studi dell'efficacia a lungo termine della RPP, per quanto non numerosi, concludono tutti per percentuali di guarigione variabili fra 30-50% (range 33-82), con recidive oscillanti fra 0-60%.
Non esistono dei riconosciuti fattori di rischio di fallimento del trattamento riabilitativo: alcuni autori riportano singoli variabili cliniche-strumentali associate a ridotte percentuali di successo della terapia, ma non esiste un accordo unanime nella letteratura internazionale.
Anche nella nostra esperienza pluridecennale, l'adozione di un protocollo uro-riabilitativo olistico, combinato e sequenziale, anche pluricentrico, in popolazioni diverse di pazienti con I.U. ha offerto percentuali di successo sempre superiori al 70-75% dei casi, indipendentemente dal tipo di I.U. trattata; alcuni parametri anamnestici, clinici,strumentali hanno modificato la risposta al trattamento (in particolare la gravità del sintomo) e tale associazione è stata confermata dai risultati di studi successivi. E' però difficile affermare che tali parametri, pur essendo dei significativi fattori di rischio di fallimento del trattamento, possano rappresentare una reale controindicazione alla loro adozione in ogni caso, come più volte riaffermato da altri autori.
Inoltre, già le semplici modificazioni delle abitudini di vita e di assunzione dei liquidi, le terapie comportamentali come il bladder retraining si rilevano sicuri, semplici e efficaci trattamenti della I.U. ed in molti casi la terapia farmacologia ne rappresenta la prima efficace terapia.
Tali trattamenti rappresentano non solo una giustificata ed efficace alternativa terapeutica a quella chirurgica, ma la sola percorribile in una significativa percentuale dei casi.
E' inutile, sia da un punto di vista clinico-terapeutico che farmacoeconomico, adottare anche in una fase iniziale dell'iter diagnostico della I.U. un protocollo che preveda, in assenza di situazioni complesse, un approfondimento diagnostico strumentale che non offre alcuna ricaduta terapeutica significativa.
2) Nella stessa sindrome della vescica iperattiva la terapia conservativa, sia essa farmacologica, riabilitativa o comportamentale, deve rappresentare l'unico approccio percorribile fino ad una accertato, sicuro ed irreversibile fallimento terapeutico.
La eventualità di percorrere altre possibilità di trattamento, chirurgico (ampliamento vescicale, miotomia longitudinale laparoscopica...) o di neuromodulazione sacrale con impianto definitivo (seppur con la recenti metodiche transcutanee sec. Spinelli), deve essere presa in considerazione solo in rari,selezionati casi non-respondent dopo multipli, ripetuti, falliti tentativi di trattamento conservativo anche combinato, che sono probabilmente gli unici meritevoli di un successiva precisazione fisio-patologica attraverso un approfondimento diagnostico strumentale.
3) Anche negli stessi casi di IUS e/o I.U.M., in assenza di una condizione complessa come sopra descritto, potendo escludere in una alta percentuale dei casi la possibilità di una ridotta mobilità e/o fissità uretrale con una accurata valutazione clinica e un Q-tip test sicuramente positivo e/o della presenza di un difetto di svuotamento sulla base di accurati diari minzionali e di residui post-minzionali ripetutamente negativi, corretta una eventuale deprivazione estrogenica associata, non esiste alcuna certezza statistica che l'outcome post-chirurgico sia significativamente diverso nei casi trattati chirurgicamente dopo l'applicazione di un algoritmo diagnostico semplificato o con l'uso di un iter avanzato "ideale".
La stessa recente revisione bibliografica della Chocrane Library conferma, al momento attuale, l'assenza di una bibliografia internazionale sufficientemente rappresentativa per esprimere un giudizio favorevole, statisticamente significativo, sull'uso pre-operatorio delle indagini strumentali, principalmente urodinamiche avanzate, nelle terapia della I.U.S. e conclude con la raccomandazione di intraprendere studi prospettici randomizzati con una potenza numerica adeguata.
Esistono in letteratura alcuni interessanti lavori che supportano queste conclusioni.
Nella diagnosi di GSI (secondo la precedente classificazione ICS, oggi definita come IUS urodinamica) la cistomanometria multicanale, la VLPP, l'UPP, il tasso di trasmissione della pressione uretrale non presentano percentuali di sensibilità e specificità superiori al semplice cough stress-test dopo cistomanometria a singolo canale o dopo accertamento di una adeguata capacità vescicale.
Secondo altri autori, se decidessimo di sottoporre a trattamento chirurgico una popolazione di pazienti incontinenti partendo da una diagnosi anamnestico-clinica (IUS) o urodinamica (GSI o IUS urodinamica) ed osservassimo l'outcome a medio/lungo termine, non dovremmo aspettarci una differenza significativa nei risultati, anche in una popolazione con associato un POP.
Weber, in uno studio sperimentale clinico-statistico, basato su una ampissima revisione della letteratura internazionale sull'uso delle sling nella terapia primaria della IUS con/senza POP, applicando un decision analityc process prefissato e dei cure-rates post-sling medi stimati, ha calcolato che a fronte di un costo significativamente più elevato nei casi pre-operatoriamente sottoposti ad approfondimento diagnostico strumentale rispetto a quelli con iter diagnostico semplicato, si dovrebbero ottenere percentuali di successo praticamente sovrapponibili.
Calcolando che, sulla base della letteratura internazionale oggi disponibile su uno dei più diffusi recenti trattamenti mini-invasivi della IUS (TVT) i cure-rates medi riportati risultano praticamente sovrapponili a quelli stimati da Weber per le sling, dovremmo stimare, applicando gli stessi criteri diagnostici utilizzati applicati ad una popolazione con IUS associata a POP di grado lieve/medio, dei risultati finali molto simili.
E' ancora prematuro ed immotivato sposare un iter diagnostico-terapeutico così semplicato nel management chirurgico di una paziente affetta da I.U. e è necessario intraprendere una lunga strada di sperimentazione clinica controllata per poter sostenere una generalizzazione ed una applicazione nella attività clinica ambulatoriale quotidiana di esperienze isolate e sperimentali come quelle sopra descritte. Non esistono, però, giustificati motivi per credere che tali contributi non debbano ricevere la dovuta attenzione dei clinici.
2) APPROCCIO DIAGNOSTICO AVANZATO
In caso di fallimento della terapia conservativa di "prima linea" e nelle descritte "situazioni complesse", ancora oggi tutti concordano sulla necessità di dover applicare delle flow-charts operative che prevedano sempre un inquadramento anmnestico-clinico-strumentale completo della condizione clinica presunta, una precisa classificazione funzionale e fisio-patologica della singola paziente che ci accingiamo a trattare e, quindi, la somministrazione di un work-up uro-ginecologico "avanzato" ed "ideale" come descritto in questo paragrafo.
Tale approfondimento diagnostico va sicuramente adottato in tutti i casi di significativo prolasso degli organi pelvici o in presenza di una disfunzione minzionale con significativi residui vescicali post-minzionali e/o infezione urinaria ricorrente o refrattaria alla terapia farmacologia, di una malattia neurologica accertata o anche solo sospetta, di motivazioni di ordine medico-legale (in caso di pregresso incidente stradale o sul lavoro, o di danno a carico dell' apparato genito-urinario e/o neurologico causato da un intervento chirurgico),di incontinenza recidiva o persistente dopo pregressa chirurgia correttiva e nei casi di enuresi secondaria.
Escluse alcune esperienze avanzate e sperimentali, sotto controllo clinico randomizzato, sono ancora oggi valide le conclusioni della ICI del 1988, riconfermate nelle successive edizioni, per le quali "...RESEARCH HAS SHOWN THAT URINARY SYMPTOMS ALONE INACCURATELY REFLECT THE CAUSE OF LOWER URINARY TRACT DISFUNCTION" e che "...INDIVIDUALS WITH DIAGNOSES BY URODINAMICS CANNOT BE DIFFERENTIATED BY SYMPTOMS".
Non dobbiamo nemmeno dimenticare la raccomandazione, tuttora valida, dell'A.C.O.G. 1996 per la quale: "...SURGERY FOR STRESS INCONTINENCE SHOULD NOT BE UNDERTAKEN IF THE DIAGNOSYS IS BASED ON HISTORICAL INFORMATION ALONE".
Quindi è essenziale ancora oggi applicare, in tutti i casi complessi o candidati ad una terapia chirurgica o, comunque, invasiva la flow-chart operativa integrata avanzata che preveda sempre una definizione funzionale della condizione clinica da trattare e, quindi, una sua classificazione funzionale e fisio-patologica al fine di poter formulare l'indicazione terapeutica più corretta e adeguata e ridurre così i possibili tassi di insuccesso o di complicanze post-chirurgiche (Tab. V).
CONCLUSIONI
Nella gestione della paziente affetta da I.U. associata o meno a POP, l' anamnesi e la raccolta dei sintomi rimane un momento di fondamentale importanza poiché dalla valutazione della gravità della sintomatologia e dell'impatto che la stessa ha sulla qualità di vita del soggetto dipende la decisione della tipologia di intervento da adottare e/o adottabile, più o meno invasiva.
Poiché l'interpretazione del sintomo dipende oltre che dal grado di scolarità e dalle capacità di espressione della paziente anche dalla modalità di esplicazione della domanda e dalla disponibilità di tempo dell'operatore, risulta chiaro che un medesimo sintomo sarà interpretato in maniera diversa da differenti medici e pazienti.
Si rende quindi necessario introdurre, nella pratica clinica quotidiana, strumenti e scores soggettivi e/o oggettivi di registrazione, valutazione e quantificazione del sintomo.
Un questionario autosomministrato è il metodo più attendibile sulla percezione del sintomo da parte del paziente e dell'impatto sulla propria qualità di vita oltre a poter fornire valide indicazioni sulle prospettive ed aspettative terapeutiche della donna.Vanno adottati strumenti brevi, precisi e semplici da compilare: oltre a quelli oggi disponibili e sopra descritti, l'ICI sta preparando un ICIQ-SF di prossima pubblicazione.
Nella valutazione della paziente incontinente non vanno sottovalutate domande inerenti sia la funzione sessuale che intestinale spesso coinvolte in pazienti con prolasso degli organi pelvici.
L'esame fisico della paziente affetta da incontinenza urinaria deve innanzi tutto tener presente la capacità di movimento della donna (presenza di handicap deambulatorio di diversa gravità) e la funzione cognitiva valutata attraverso lo stato di coscienza,l'orientamento,la memoria,la comprensione.Deve essere correttamente indagata la funzione sensoria (valutazione della sensibilità metamerica da L1 a S4, del riflesso anale, del riflesso bulbocavernoso) e motoria riflessa. L'esame pelvico deve seguire a quello addominale e deve avvalersi della valutazione e classificazione del prolasso degli organi pelvici attraverso il sistema HWS o meglio ancora attraverso la classificazione dell'ICS validata nel 1995 e adottata nel 1996 (4).
Va sempre effettuata una valutazione neuro-motoria dei muscoli del pavimento pelvico con esame pelvico digitale attraverso la misura della forza di contrazione,durata della contrazione e affaticabilità del muscolo, nonchè della attività simmetrica o meno del compartimento destro e sinistro dei muscoli elevatori.
Tests accessori devono essere considerati lo stress test , per l'evidenziazione della perdita, e il Q-tip test per la valutazione della mobilità della giunzione uretro-vescicale.
L'esame urodinamico ricopre un ruolo primario per lo studio della disfunzione nella paziente incontinente; esso deve essere effettuato,letto e relazionato secondo modalità e terminologia standardizzata. L'esame da solo non è adeguato a porre diagnosi se non in un contesto che tenga conto delle informazioni derivanti dal un adeguato, corretto e completo inquadramento anamnestico-clinico del singolo caso.
L'indagine dovrebbe essere eseguita solo:
in donne con difficoltoso svuotamento o presunta neuropatia
in pazienti con precedente chirurgia per incontinenza o terapia non invasiva fallita.
in previsione di terapia invasiva o chirurgica.
Si raccomanda come prima linea (e a volte sufficiente ad essere unica) investigativa la pratica della uroflussometria libera con misurazione del residuo post-minzionale e la cistomanometria da riempimento; se è necessaria la valutazione della competenza uretrale sono indicate o la misurazione del profilo uretrale a riposo e sotto sforzo e/o l'abdominal-leak point pressure (VLPP).
La funzione vescico-uretrale dovrebbe essere studiata durante la fase di svuotamento (con lo studio pressione/flusso, la videourodinamica e l'elettromiografia) se si sospetta e/o presume l'esistenza di un difetto di svuotamento o di una neuropatia.
La videourodinamica è un indagine di secondo livello da far effettuare a personale tecnicamente addestrato e competente e deve essere praticata solo per la dimostrazione di una I.U. e/o I.D. altrimenti non evidenziate.
L'Holter urodinamico è una indagine da praticare a quelle donne con presenza del sintomo e assenza di evidenze patologiche dimostrate da altri tests urodinamici.
La diagnostica per immagini ha un duplice territorio di indagine:il tratto urinario superiore e quello inferiore. Poichè le cause che determinano una I.U. possono interferire negativamente con il normale funzionamento dell'alto apparato escretore quest'ultimo sarà indagato utilizzando tecniche di imaging tese allo studio del tratto urinario superiore: l'urografia endovenosa, la ecografia, TAC e RMN. L'utilizzo di imaging del tratto superiore è riservato ai casi di incontinenza urinaria neurogena, overflow incontinence, incontinenza urinaria associata a prolasso uterino severo, sospetto di incontinenza urinaria extrauretrale. Nei casi di incontinenza urinaria da sforzo, da urgenza e mista non neurogene non vi è indicazione allo studio urinario del tratto superiore.
Il basso apparato urinario viene indagato mediante radiologia tradizionale (cistografia), ecografia, TAC O MRI. La cistografia o colpocistografia è indicata solo nello studio preoperatorio delle incontinenze urinarie recidive o complicate da difficoltoso svuotamento minzionale (cistografia minzionale). L'esame ecografico del pavimento pelvico non è indicato per la valutazione clinica preoperatoria della paziente con incontinenza da sforzo,urgenza o mista ma deve essere considerata, ancora oggi, solo un metodo investigativo di ricerca.
Per la MRI vi è accordo unanime sull'utilizzo della tecnica nel caso di incontinenza urinaria associata ad altre disfunzioni del pavimento pelvico, ma non nella valutazione della IUS con prolasso genitale.
Nei casi di vescica neurologica è elettiva l'indagine radiologica associata (in contemporanea) a quella urodinamica (videourodinamica).
La uretrocistoscopia non è indicata nella valutazione della paziente con incontinenza urinaria primaria mentre riveste un suo ruolo nei casi di incontinenza da urgenza, per escludere altre patologie vescicali, nelle pazienti con recidiva di incontinenza,nei sospetti di fistola o in intraoperatoria, per la valutazione di lesioni iatrogene.
a valutazione del residuo post-minzionale è obbligatoria nel primo approccio alla paziente incontinente e utile oltre che per l'inquadramento anche per la successiva terapia.
Lo score di I.S. e il Pad test sono utili indagini accessorie da utilizzare sicuramente nei trials e nelle ricerche.
I tests neurofisiologici sono indagini tese alla valutazione della interrelazione tra attività del sistema nervoso e basso tratto urinario. Tutti i tests non sono di provata validità in campo diagnostico funzionale per la paziente incontinente; essi dovrebbero essere presi in considerazione,ad uso clinico, solo in un ristretto gruppo di pazienti incontinenti nelle quali si sospetta fortemente, come responsabile della lesione, un coinvolgimento del sistema neuromuscolare.
Rimane ancora tutto da definire, nella ottimizzazione delle nostre flow-chart diagnostico-terapeutiche e nella valutazione dei cure-rates quale sia il reale gold standard da ricercare e considerare nella valutazione del nostro trattamento.